Se facessimo un sondaggio tra i siciliani residenti all’estero (dove per estero possiamo considerare tutto quello che oltrepassa lo stretto) chiedendo quali tra le pietanze della memoria sognerebbero di trovare con facilità al bistrot sotto casa, non c’è dubbio che la risposta, se non unanime, sarebbe quantomeno polarizzata su due alimenti iconici e rappresentativi della Sicilia: uno in versione salata ed è chiaramente sua Maestà l’arancin* e l’altro, dolce, è indubbiamente il cannolo. Ora, le classifiche stilate dalle più prestigiose riviste e dai più importanti giornalisti del settore, citano arancin* che onestamente, non sarebbero neppure degni di essere menzionati. La figura più scandalosa, a mio avviso, la fanno gli arancini palermitani (si, ho palesato la mia preferenza per la versione maschile dell’ alimento) che, pure tra i bar storici, presentano sempre una panatura untuosa, troppo spessa e un ragù o troppo aspro o troppo dolce, in un susseguirsi di errori grossolani da far rabbrividire.
Se sono diventata così intransigente nell’aspirare alla perfezione, la colpa (o il merito) è tutta di Rosario Umbriaco, che nell’ormai lontano 2016, mi ha introdotta al tempio dell’arancino perfetto, quello che dopo svariati assaggi diventa unico termine di paragone. Il suo arancino alla carne è da esecuzione accademica ed utilizza solo i migliori ingredienti: stracotto di bovino adulto tagliato al coltello, salsa di pomodoro con utilizzo discreto delle spezie, panatura delicata e asciutta grazie all’impiego di un mix di pangrattato utilizzato per garantire croccantezza e assorbimento dell’olio. Il riso del suo arancino viene fatto raffreddare su un piano di marmo dopo la cottura, proprio come si faceva anticamente e la scelta di non utilizzare formaggio non fa rimpiangere la parte filante dell’arancino alla carne. Provare per credere!
Rosario Umbriaco è noto anche per essere stato il primo a brevettare nel 2013 l’arancino a doppio strato di riso con al centro una fonduta di Piacentinu ennese DOP, un arancino da urlo omaggio al padre che iniziò nel 1974 l’attività di bottega. Questo arancino è composto da un primo strato con riso allo zafferano e menta selvatica, quello più vicino al nucleo di Piacentinu è invece lavorato con ricotta fresca, prezzemolo e pepe nero. Dopo questo grande successo, il consorzio di tutela dei formaggi DOP siciliani gli ha commissionato un arancino con la Vastedda del Belice; non sarò mai grata abbastanza per aver creato quello che è diventato il mio arancino preferito con riso aromatizzato ai funghi porcini dell’Etna, mortadella d’asilo di Chiaramonte Gulfi e appunto, Vastedda del Belice dop, un arancino di perfetto equilibrio tra i sapori e di grande delicatezza.
Rosario Umbriaco
Per far sì che il suo arancino possa dirsi al 100% siciliano, Rosario Umbriaco utilizza riso Roma Siciliano che cuoce utilizzando una percentuale di acqua di mare siciliano certificata. Rosario è una persona vulcanica, tra le più creative ed instancabili che io conosca ed è grazie alla sua tenacia e ad un pizzico di follia che negli anni sono nati anche l’arancino al ragusano dop con 25 ingredienti e nel 2019, complici i suggerimenti dei clienti che chiedevano qualcosa di dolce per chiudere la degustazione di arancini, il cannolo artigianale che utilizza ovviamente solo prodotti siciliani, realizzato con una sfoglia finissima e leggera e i canditi di un altro grande maestro della pasticceria siciliana, quelli di Corrado Assenza. A coloro che storcono il naso e ritengono queste parole pura celebrazione, consiglio di fare un salto nella sua bottega a Enna per provare e verificare di persona; chiacchierare con Rosario e vederlo animare di passione per l’arancino è pura commozione, è un Professionista che si spinge sempre alla ricerca di nuove frontiere senza tradire allo stesso tempo il dna isolano. Però vi avviso, dopo l’assaggio scordatevi l’arancina del bar Touring, di Massaro o di Savia. Dopo l’arancino di Rosario Umbriaco tutto il resto si oscura!